Due ragazze, praticamente niente in comune.
Niente a parte la curiosità avida,
l’odio tutto adolescenziale per le ingiustizie,
l’amore intellettuale per Tim Burton e quello per niente platonico per Jude Law e Johnny Depp.
Niente a parte quattro gambe da maratonete,
un’isola di scrivanie in ufficio e le conversazioni veloci su Skype,
lo stesso forno a microonde per scaldare il pranzo.
Un “filo rosso” di domande, polemiche, sguardi su quotidiani, ritagli di riviste,
libri, quadri, filosofi antichi e moderni, crisi di governo, post it colorati.
Goethe la chiamò “affinità elettiva” (Le affinità elettive, 1809). Un legame nato per caso, naturale per scelta. Le persone si scelgono, e non sanno proprio bene perché. È il potere dell’affinità.
Un’affinità che il genitore del giovane Werther fece nascere tra un conte, la moglie bellissima e un amico in visita.
Lui, lei, l’altro.
E tra di loro un libro letto davanti al caminetto che “galeotto” fu come quello di Lancillotto e Ginevra.
«Avreste voglia - chiese Carlotta - di spiegarmi che cosa veramente si intende qui con affinità?»
«In tutti gli esseri naturali a noi noti - incominciò il Capitano (l’altro, ndr) - la prima cosa che osserviamo è che hanno un rapporto con se stessi»
«Immaginati l’acqua, l’olio, il mercurio: troverai un’unità, una connessione di parti, e quest’unità tali sostanze non la perdono, se non per l’intervento di una forza, rimossa la quale le parti tornano subito assieme».
«Ma ogni essere – lo interruppe Carlotta - così come ha un rapporto con se stesso, deve avere anche una relazione con gli altri»
«E tale relazione sarà diversa a seconda della diversità degli esseri – continuò Edoardo con prontezza – Si incontreranno subito, come amici, quelli che legano in fretta, che si uniscono senza modificarsi a vicenda, come il vino che si mescola con l’acqua. Altri invece, pur trovandosi vicini, continueranno a restare estranei e non ci sarà verso di legarli, nemmeno mescolandoli o strofinandoli con mezzi meccanici: si pensi all’olio e all’acqua che, appena di smette di sbatterli, si separano di nuovo».
«Tutte quelle sostanze – spiegò il Capitano – che incontrandosi immediatamente si compenetrano e si influenzano a vicenda le chiamiamo “affini”».
«Devo confessare – disse la bella Carlotta – che quando lei chiama “affini” le sue sostanze io me le immagino legate non tanto da un’affinità di sangue quanto piuttosto da una di spirito o di anima. Ed è in questo stesso modo che possono nascere tra le persone delle amicizie importanti: sono infatti le qualità opposte che rendono possibile un’unione più stretta».
V.
blog all'insegna della creatività!
RispondiEliminaDue balde giOvani si spòsano in sinergia per dare vita a vetusti testi come questo appena inserito, a volte poveri ma dalle molteplici considerazioni
Adesso l'ho visto! VeramEnte poco figo! :)
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