martedì 19 aprile 2011

UN BAMBINO MAI NATO


 L’interruzione di gravidanza, o aborto, è sempre stata una questione molto dibattuta, sia a livello etico che a livello sociale.
Esistono due posizioni particolarmente contrastanti tra loro.
Coloro che sostengono che l’aborto sia una scelta immorale e quindi da abolire o da sottoporre a forti restrizioni (in genere gli appartenenti a questa categoria si autodefiniscono pro life).
Coloro che sostengono che l’aborto debba rimanere legalizzato e che sia una scelta soggettiva ed esclusiva della donna (gli appartenenti a questa categoria si autodefiniscono pro choice).
E poi c’è la “massa grigia” che non ha un’idea ben distinta della cosa, ma che a seconda della situazione dichiara una cosa oppure l’altra.

 Io mi sento parte della “massa grigia”. Ho riflettuto parecchio in questi giorni su questo tema, dato che avrei dovuto scrivere il post.
E dato che ultimamente ho lavorato con bambini piccoli, la mia riflessione è stata ancora più ardua.
Una cosa però è rimasta praticamente inalterata: la SCELTA.
Purtroppo in questi casi si dovrebbe guardare alla data situazione e non parlare in modo generale, come potrebbe essere ad esempio con il codice stradale.
Ogni situazione è diversa da altre e mette in gioco sentimenti e relazioni diverse tra loro.
 
Penso da donna: in generale penso che l’aborto sia qualcosa che vada contro natura e che quindi non venga spontaneo per una donna. Se una donna, quindi, prende la decisione di abortire deve avere delle valide ragioni, come ad esempio il feto malato, rischiare la sua vita, oppure questa donna potrebbe essere stata stuprata, ecc.
È facile giudicare da fuori e puntare il dito. Il difficile è potersi immedesimare nell’altro.
  
Inoltre, penso che vietare totalmente l’aborto sia una cosa a dir poco inefficacie.
Primo, l’aborto diventerebbe illegale e quindi ci sarebbe minor controllo medico e interventi rischiosi.
Secondo, diventando illegale ci sarebbe sempre qualcuno che ci speculerebbe.
Terzo, potrebbero esserci sì più nascite ma forse anche maggiori abbandoni di bambini. (penso a quelle mamme che abbandonano i bambini per strada o nei cassettoni della spazzatura).
Quarto, "la maternità deve essere una scelta responsabile e consapevole, e non il frutto, ad esempio, del malfunzionamento di un contraccettivo”.(Fonte http://www.uaar.it/laicita/aborto)
Quinto, “la vita di un bambino non desiderato, specialmente se gravemente malato, potrebbe non essere la soluzione migliore”.

Leggendo sul sito http://www.uaar.it/laicita/aborto ho trovato dei casi in cui l’estremismo pro life (che nella maggior parte dei casi ha radici cattoliche) supera il buon senso.
Ne cito alcuni.

Il 16 dicembre 1999 il giudice tutelare, sotto le pressioni della stampa e delle gerarchie cattoliche che ne hanno fatto un caso nazionale, decide di revocare la decisione precedentemente presa dal tutore di far abortire una tredicenne psicolabile di Pozzallo, violentata dal padre.

La medesima notizia viene riportata sul Corriere della Sera: “Cattolici e centrodestra dicono no all' interruzione di gravidanza per la tredicenne. Lo scrittore Consolo: basta ingerenze della Chiesa” (Fonte: http://archiviostorico.corriere.it/1999/dicembre/13/Scontro_politico_sull_aborto_della_co_0_99121310383.shtml)

Nell’aprile 2000 in una scuola di Bolzano una professoressa di religione porta in classe dei feti di plastica, in presenza di esponenti di un’organizzazione antiabortista, costringendo le alunne a giurare sulla loro castità presente e futura.

E ce ne sono tante altre.


Una possibile soluzione al “problema” potrebbe essere la prevenzione.
Se si facesse maggiore informazione sull’utilizzo di contraccettivi nelle scuole, secondo me, sarebbe l’inizio di una presa di coscienza di che cosa sia la sessualità connessa anche alla maternità. Gioverebbe sia ai ragazzi che alla società, in numero di aborti per gravidanze non desiderate, ma anche come prevenzione da malattie sessualmente trasmissibili (nel caso del preservativo).

Ad ogni modo, il fatto della SCELTA resta. E ognuno di noi dovrebbe essere libero di scegliere.
A.


 La decisione di avere o no un bambino a un dato momento della propria vita è un diritto inalienabile della donna. Quest'ultima deve quindi poter decidere liberamente e in tutta responsabilità di interrompere una gravidanza indesiderata.
(Anne-Marie Rey, ex co-presidente dell'USPDA)



Inutile spendere parole: ho abortito. Trenta mila lire (denari che abbiamo racimolato tra tutte le persone che conoscevamo) più la paura, e qualcosa addosso e negli occhi, che per mesi non m'ha lasciato. Di quell'ora passata in una specie di ambulatorio, non certo attrezzato per un intervento chirurgico, ricordo il freddo, il buio che c'era fuori, era notte, l'indifferenza e la tensione del medico e dell'infermiera “Non gridi per favore, altrimenti non la opero”. C'era paura in quella stanza, la loro e la mia.  
In quel periodo per l'aborto si finiva in carcere. 
Oltre a quella paura c'era il terrore per l'intervento che affrontavo senza saperne assolutamente niente. L’unica cosa che sapevo con certezza è che non avrei avuto l’ anestesia.
Per me, e tutto per me, c'era anche il peso di quello che stavo facendo. 
Stesa sul lettino freddo pensavo a mia madre e ho veramente desiderato di morire. 
“Se ha paura se ne vada. Se grida, smetto e la caccio via.” Per anni quel “la caccio via” m’è rimbombato nel cervello facendomi arrossire e maledire la mia timidezza.
Non ho gridato.
Dolore.
Zitta. 
Sentivo le lacrime scivolarmi tra i capelli… non un lamento m’è uscito.
( “Il disordine della Memoria”, Franca Rame, Dario Fo, da Una vita all’improvvisa, Milano, Guanda, 2009)

1 commento:

  1. Posso commentare solo con una parola, commovente, è stato bello leggere questo scritto, si vede che c'hai messo il cuore. Come ti ho detto ogni tanto anche un orso come me può commuoversi :)
    M.

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