lunedì 7 febbraio 2011

INCREDIBLE INDIA (il viaggio che non si può dimenticare)


 Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi. (G. De Maupassant)



Ho sempre avuto il pallino per l’India, fin da quando avevo 16 anni.
Il suo fascino misterioso, la sua cultura così diversa, i suoi colori.
Se chiudo gli occhi, ancora adesso posso sentire quei profumi così intensi che aleggiano nell’aria, profumi di spezie, profumi di incensi.
Posso sentire l’aria calda, afosa e posso sentire il vociare frenetico degli autisti dei rickshaw.
Se chiudo gli occhi sono ancora lì, fuori dall’aeroporto, che mi guardo intorno emozionata, ma al contempo spaesata, confusa. C’è gente che mi parla in un inglese strascicato: ognuno di loro mi chiede di salire sul proprio mezzo. 

 Se chiudo gli occhi mi trovo su una piccola vecchia auto e vedo scorrere mille immagini davanti ai miei occhi: bambini per strada che giocano, donne con i loro coloratissimi sari, uomini ai cigli delle strade che camminano, mucche che attraversano le strade polverose, capre e cani liberi di correre, case vecchie, palazzi moderni, magnifici templi induisti, statue di filosofi e dei.
Se chiudo gli occhi sento i ripetuti om del tempio di Shiva, le preghiere e le canzoni che accompagnano i momenti rilassanti di yoga.



Se chiudo gli occhi mi vedo davanti allo specchio, di fianco a me c’è Jiji, la massaggiatrice ayurvedica, che mi aiuta ad indossare il mio sari rosa appena comprato, ho i capelli raccolti e i fiori di sandalo tra i capelli.
Arrivo alla cerimonia, i doni agli dei sono già pronti al centro della stanza: fiori, candele accese, incensi, statuette, tamburi e al centro un meraviglioso mandala, il cosmo, il cerchio magico della meditazione. Ognuno di noi è pronto per ricevere, il tilaha, il segno rosso sulla fronte, la “benedizione”.

 Se chiudo gli occhi sento ancora l’intenso sapore del curry, della curcuma, del masala, del cardamomo, del peperoncino. Ho la bocca in fiamme. Assaporo con gusto le pakora, le paratha, l’ananas, la papaya e il mango. Il tutto è disposto su un piatto di argento dalla forma circolare. La regola è passare dal cibo più piccante per arrivare al cibo più dolce.
Sento ancora il forte sapore del chai allo zenzero con cannella. Uno dei thè più sublimi che io abbia mai bevuto. Lo sorseggio seduta su di un tappeto, mentre osservo il negozio. L’ospite è sempre il benvenuto.
Se chiudo gli occhi vedo i pellegrini chiedere l’elemosina fuori da ogni tempio, i ragazzini che lavano i vetri per poter guadagnare qualche rupia, le donne che portano sulle proprie teste delle anfore contenenti frutta o verdura o pesce da vendere, i bambini correrti incontro per prendere le penne o i quaderni.

Questa è l’India. Paese dai mille volti. Volti di una stessa moneta. Dalle mille contraddizioni.

Ho sempre avuto il pallino per l’India.
E penso che l’avrò per sempre.

A.

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