domenica 6 febbraio 2011

WE LIVE IN A BEAUTIFUL WORLD (il viaggio che vorrei)

Il viaggio dei miei sogni comincia così,
nella sala d'attesa di un aeroporto.
I viaggi dei sogni iniziano sempre in un aeroporto,
perché lì sei a un palmo dal cielo.
Il viaggio dei miei sogni comincia dietro a un finestrino,
uno di quelli spessi, che a forza di specchiartici lo appanni con il fiato,
e le stelle sono così vicine.
Nel viaggio dei miei sogni c'è una donna alta 93 metri,
con una corona sulla testa e nella mano una fiaccola che punta verso il cielo,
in piedi su Liberty Island.
C'è il profumo di hot dog a Central Park,
e quello di cappuccino nella Fifth Avenue.
C'è Philadelphia, con l'Indipendence Hall,
ferma nel tempo tra la quinta e la sesta strada,
con l'inchiostro della Dichiarazione d'Indipendenza ancora fresco e il trillo della Liberty Bell ancora nell'aria.
"Liberty", ancora "liberty".
Il viaggio dei miei sogni è libertà.


C'è Washington, con la sede del Congresso,
il National Mall,
la Casa Bianca,
un palcoscenico di marmo, storia e autorità,
immaginato e ricostruito dai film alla tv.
Poi su verso Pittsburgh,
dove sgorga il fiume Ohio,
dove palpita, in lontananza, il rombo cristallino
delle Niagara Falls,
per il lato americano, almeno,
quello canadese, dicono, quello sì che è uno spettacolo.
Dicono che l'aria brilli, lassù.
Che Marylin Monroe ci girò un film,
che una fanciulla di nome Lelawala si gettò dalla cima per amore.
Dicono.

Entriamo nel Paese della foglia d'acero.
La patria della chitarra di Neil Young,
dell'umorismo di Jim Carrey,
"l'altra America", quella a nord del confine,
quella con la più alta media di utilizzo del web,
quella con Toronto,
i suoi 500 mila italiani
e il luminoso skyline che di notte accende il cuore della provincia dell'Ontario.

Mentre lasciamo il Canada,
abbassiamo i finestrini.
Il vento diventa caldo,
e dalla radio esce Beautiful world, dei Coldplay.
Le valigie stipate nel bagagliaio già piene di ricordi e di souvenir a stelle e a strisce,
mentre entriamo a Detroit,
che sulle strade ha i segni delle prime Ford,
del proibizionismo,
dei sostenitori di Coleman Young,
primo sindaco nero eletto nel 1973.
E la "ventosa" Chicago?
Si specchia sulle acque del lago Michigan,
qui dove "Ciak si gira!" per The Blues Brothers, Prison Break,
Gli intoccabili.
Il grattacielo più alto d'America è ancora suo, è di Chicago.
Qui Al Capone costruì la propria leggenda,
qui studiò Barack Obama,
qui nacquero Hemingway e Walt Disney.
È gemellata con Milano, Chicago, e questo davvero non lo sapevo.
Ma nel viaggio dei miei sogni è tempo di andare verso ovest.
La polvere del Far West si alza laggiù, all'orizzonte.
Cavalli immaginari sfrecciano a fianco dell'autostrada.
C'è St Louis,
c'è la Springfield dei Simpson,
Oklahoma City,
Amarillo,
Albuquerque,
Holbrook...
Thelma e Louise ammiccano dalla loro Ford Thunderbird azzurro metallizzato.

... quando ti rendi conto che le ruote della macchina ti stanno portando sempre più dentro,
dentro la gola più famosa del mondo, scavata da un fiume fangoso e insistente, il Colorado.
Il Grand Canyon è uno spettacolo a cui non puoi prepararti.
Tu credi di poter affrontare quel silenzio,
quel panorama infinito,
quella leggera vertigine che ti prende sull'orlo del burrone.
Ma quando sei lì, e sollevi le braccia e vorresti volare come un'aquila per vedere dall'alto,
l'unica cosa che ti resta è il silenzio,
e quel vento che ti sibila nelle orecchie
e che ti ricorda quanto il mondo sia immenso.
E beautiful.
E ti sei già abituato al silenzio che Las Vegas irrompe nei tuoi sensi con suoni, colori, insegne luminose, attrazioni, vizi, roulette impazzite, hotel scintillanti.
Il viaggio dei miei sogni è divertimento,
con suite principesche, salottini e letti morbidi,
con ombrelli colorati appesi al soffitto,
colonne romane,
negozi,
spettacoli psichedelici sul pelo dell'acqua,
e tutto intorno pareti dorate a chiuderti in una culla di cool & chic.

5 mila miglia sono passate sotto ai nostri piedi.
Los Angeles aspetta,
"la señora, la reina de los angeles",
la California, il sole, il Pacifico così vicino,
quelle strade che vanno su è giù, e i tram con la cordicella che se non la tiri non si fermano.
Il viaggio dei miei sogni finisce così,
con una lieve confusione nella testa,
con l'odore dell'America sulla pelle,
con la certezza, non del tutto consapevole, che abbiamo percorso gli States da una costa all'altra.
È questo il viaggio dei miei sogni.
Che, quando finisco di immaginarlo, abbasso lo sguardo alla scrivania e lo vedo:
il biglietto.
Sarà attaccato per primo sul diario di bordo.
Andata: Venezia-Newyork.
Ritorno: Los Angeles-Venezia.
C'è la data del 30 luglio, e poi quella del 22 agosto.
2011.
Si parte.
Estate perché non arrivi?
Il viaggio dei miei sogni sta per diventare realtà.
V.














"L'America non è soltanto una parte del mondo. L'America è uno stato d'animo, una passione. E qualunque europeo può, da un momento all'altro, ammalarsi d'America"
(Mario Soldati)

3 commenti:

  1. Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa... e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi... Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo... la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte... magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni... alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l'America. Poi rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una fotografia, con la faccia di uno che l'aveva fatta lui, l'America.

    A.B.

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  2. Che sogno... spero di poter fare anch'io questo viaggio, un giorno.
    Mi raccomando, a Washington, c'è il Newseum (http://www.newseum.org), non dovrebbe essere lontano dalla White House. Se trovi un po' di tempo, Vale, non perdertelo (per noi è una specie di Mecca!). ;)

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